Lunedì
19 aprile 2004
Se per qualche strano caso un
uomo primitivo visitasse le nostre moderne città…
C’era
una volta nel Paleolitico un uomo di nome Pietro. Pietro aveva
i capelli neri, gli occhi verdi, era scuro di pelle, era magro,
aveva il naso aquilino, la bocca carnosa, la testa ovale.
Aveva la pelliccia color marrone con chiazze nere, aveva una
lancia molto consumata, i piedi neri come il carbone, aveva
un neo sull’occhio destro, puzzava come un topo di fogna,
aveva la barba folta, aveva 59 anni, aveva dei denti lunghi
come un coniglio e gialli come sabbia, aveva l’alito
peggio del vomito e due orecchie piene e strapiene di cerume,
che gli colava, indossava una vecchia pelliccia: insomma,
era un disastro totale!
Viveva in una grotta cupa dove c’erano tanti graffiti
con scene di caccia. Durante il giorno Pietro cacciava fino
alla notte. In una splendida giornata di sole una nuvola molto
bassa fece una scaletta e invitò Pietro a salire. Luì
salì e vide una porta, l’aprì, entrò
e si ritrovò in un altro mondo.
Scese dalla scaletta e si ritrovò in una città
che si chiamava Augusta Taurinorum. Inoltre era in mezzo al
traffico. Camminando bloccava il traffico. Tutta la gente
vedendolo si domandava: “Ma da dove viene?”.
Pietro
vide una scuola ed entrò e nonostante cercasse qualcuno
non c’era nessuno perché tutta la scuola era
andata a fare una gita scolastica. Pietro osservò attentamente
la scuola come era fatta: si affacciava alla strada, dentro
aveva dei muri molto colorati, gli armadi erano grandi e lunghi.
La lavagna era sempre piena di scrittura, i banchi erano verde
acqua ma erano anche molto pungenti.
Dopodiché Pietro scese la rampa di scale e vide la
palestra della scuola dove c’erano tanti attrezzi: i
palloni da basket di mille colori, i canestri molto alti e
molto grossi. Il pavimento era scivoloso, di color verde,
le mura erano fragili perché i bambini spesso ci andavano
a sbattere contro (i bambini non venivano sgridati dagli insegnanti
perché le maestre erano molto brave). Pietro provò
tutti questi attrezzi, con la differenza che Pietro non li
usava come dovuto perché lui cavalcava le pedane, si
aggrappava al canestro con i piedi all’aria e la testa
in giù.
Dopo un po’ si stufò e andò via. Percorse
tutta la stessa strada finché arrivò di nuovo
alla nuvola che lo ritrasportò nella sua era.
(lavoro
di gruppo di Sofia, Alessandra, Martina, Ilaria, Giulia)
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